giovedì 3 maggio 2012

Igiene giuridica!

Ricevo il fascicolo n. 40/2012 della Rivista della Cooperazione Giuridica Internazionale e leggo con emozione e commozione (termini inusuali, ma questa volta appropriati) il breve scritto di apertura di Aldo Bernardini, Professore Emerito di diritto internazionale dell’Università di Teramo, dal titolo “Qualche po’ di igiene giuridica”.
Credo che il concetto di igiene giuridica sia veramente inedito. Il Prof . Bernardini ne fa uso in riferimento a taluni recenti accadimenti nello scenario internazionale, dimostrando che non tutti i giuristi hanno abdicato al loro ruolo nella società.
Una boccata d’ossigeno, una lectio magistralis da leggere obbligatoriamente nelle scuole. 
Posto due brani dell’articolo:

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Igiene giuridica è stata anche assicurata dal veto di Russia e Cina al Consiglio di sicurezza delle NU sulla questione iraniana. Il progetto di risoluzione presentato da diversi Stati arabi e occidentali porta il numero s/2012/77 in data 4 febbraio 2012. Appare assurda, anzi sfrontata, dopo la scelleratezza perpetrata contro la Libia con l’abuso di una risoluzione del C.d.s. che non prevedeva, nè avrebbe potuto legittimamente prevedere, un “mutamento di regine” a Tripoli (fino all’assassinio del legittimo leader Gheddafi), la pretesa che venisse aperta la strada ad una replica. Non mi soffermo sul ritrito copione del “massacri” ascritti al legittimo governo siriano a fronte di asseriti “inermi” manifestanti, in realtà bene armati e illecitamente sostenuti dall’esterno. 
Il contrasto a rivolte interne è per chiarissima normativa internazionale compito, e addirittura dovere di fronte ad interessi stranieri minacciati, del governo costituito, certo tenuto – come però la controparte – ad osservare le norme umanitarie, ma non sino a farsi schiacciare. Le rivoluzioni autentiche devono vincere per forza propria, non per stimolo e sostegno dall’esterno.
Il principio di non ingerenza nei fatti interni con il divieto assoluto di promuovere dall’esterno il “mutamento di regime” è pur esso cardine insormontabile del diritto internazionale, legato alla sovranità.
Il veto attuale, quello sciaguratamente mancato nel caso della Libia, non ha fatto che riaffermare il principio: una risoluzione del C.d.s. con l’ingiunzione al vertice di uno Stato di abbandonare il potere sarebbe insanabilmente illegittima, Russia e Cina lo hanno semplicemente “dichiarato”, impedendo contro la Siria il crimine compiuto ai danni della Libia.
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Un’altra situazione, pur diversa, legata alla sovranità statale è quella del fiscal compact firmato dai governi di 25 Stati europei (30 gennaio – 2 marzo 2012) in vista di un trattato con il fine di instaurare un controllo “esterno” sui bilanci statali di approvazione parlamentare, incluso poi l’inserimento nelle Costituzioni dell’esigenza del pareggio di bilancio.
Per limitarci all’Italia, si tratta di una prevista menomazione di sovranità che va ben oltre quanto si è preteso – a mio parere già con forzatura inammissibile, anche se sinora generalmente “trangugiata” – in base all’art. 11 Cost. sulle “limitazioni di sovranità”.
Restiamo sul piano costituzionale, e lasciamo i riflessi su quello internazionale: qui si ferisce una funzione essenziale del Parlamento sovrano, e quindi si attenta alla “sovranità popolare” dell’art. 1, 2° co., Cost., che fa perno sulla sovranità sovrana del Parlamento eletto dal popolo e che è oggetto di uno di quei principii fondamentali che secondo la Corte Costituzionale non sarebbero neppure suscettibili di revisione costituzionale.
In ogni caso non si potrebbe – ma lo si farà – per l’ennesima volta invocare l’art. 11 Cost. per sostenere un siffatto obbligo internazionale che dovrebbe venir sancito da un trattato, sulla base del testo intergovernativo, da ratificarsi in forza d legge ordinaria.
Si può obbligare il Parlamento ad una revisione costituzionale? Ed in particolare contro un principio fondamentale? E se sì, lo si potrebbe fare sulla base di una semplice legge ordinaria di autorizzazione alla ratifica e di esecuzione del trattato internazionale?
Vero è che si trova in elaborazione una modifica costituzionale dell’art. 81. Ci si domanda comunque se un Parlamento espressione della sovranità popolare possa essere sottoposto a siffatti vincoli, che equivalgono all’assunzione di una specifica dottrina economica, con la provocata impossibilità di adottare sovranamente politiche economiche diverse. Si è fin troppo usato l’art. 11 Cost. come valvola che consente all’esecutivo di prendere ogni sorta di misure che travalicano la Costituzione. 

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